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Channel: Alessandro Giuliani – Critica Scientifica – di Enzo Pennetta
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Risonanze evolutive e biomedicina

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Risonanze evolutive e biomedicina

Alessandro Giuliani

L’idea fondamentale della proposta TRE (Teoria delle Risonanze Evolutive) è quella di trattare il processo di speciazione (e quindi in generale l’evoluzione biologica) in maniera fisicamente motivata come una transizione di fase tra due stati stabili: una specie A (stabile come tutte le specie) che si trasforma un’altra specie B (anche essa stabile). Né più né meno di come una specie molecolare (stabile) A si trasforma in una specie molecolare (stabile) B in una reazione chimica e, come in una reazione chimica, passa attraverso uno stato di transizione (instabile).

Sostituire la continuità del cambiamento con il carattere discreto della transizione è il fulcro della incommensurabilità tra TRE e neodarwinismo: nella TRE l’evoluzione (anche se ovviamente non in atto) è già in potenza presente nella forme esistenti, proprio come in chimica organica si può disegnare una molecola e derivarne le proprietà chimico-fisiche dalla formula di struttura posto che si rispettino i vincoli formali dettati dalla fisica (e.g. il carbonio deve avere valenza quattro).

Il passaggio dalla potenza all’atto (la sostanza materialmente prodotta) sarà catalizzato dalle opportune condizioni di reazione (risonanza con drivers ambientali nella TRE).

Mi rendo conto che il formalismo matematico dell’articolo può essere ostico e purtroppo ingenera non pochi fraintendimenti.  Il punto da tenere ben presente è che il tema principale dell’articolo sono le condizioni di evolvibilità non i meccanismi dell’evoluzione. Non a caso la teoria si basa su un formalismo derivato dagli equilibri chimici e quindi dalla termodinamica che è una scienza che consente previsioni fenomenologiche molto precise ma che si è sviluppata su premesse meccanicistiche totalmente fantasiose (i padri della termodinamica classica credevano che il calore fosse un fluido: il flogisto o calorico).

Il punto di partenza è ciò che i neo-darwinisti hanno sempre taciuto: e cioè che le specie sono sostanzialmente stabili (da cavallo e cavalla nasce praticamente sempre un altro cavallo) e che la variazione continua non è la regola ma solo una piccola modulazione di frequenza su un assetto immutabile (d’altronde sappiamo come filosoficamente un certo tipo di pensiero veda la stabilità come il fumo negli occhi). L’attore è allora la popolazione come anche nelle reazioni chimiche chi reagisce sono vastissime popolazioni di molecole.

La popolazione non risiede su un massimo assoluto di fitness (Emax) ma oscilla attorno a esso e in generale si trova in una configurazione E0 vicina ma non coincidente con il massimo corrispondente al contesto. Chiamiamo questo contesto genericamente AMBIENTE e, aldilà dei meccanismi specifici di adattamento, chiediamoci DATA LA SOSTANZIALE STABILITA DELLE SPECIE, IN QUALI SITUAZIONI L’AMBIENTE RIESCE A FORZARE IL SISTEMA A ABBANDONARE IL SUO STATO DI EQUILIBRIO FORZANDOLO VERSO UNO STATO DI EQUILIBRIO DIFFERENTE ATTRAVERSANDO UNA SORTA DI INTERMEDIO INSTABILE DI REAZIONE ..chiediamoci insomma come avvenga una  transizione.

La risposta è: avviene per RISONANZA, un fenomeno scoperto da Huygens nella seconda metà del Seicento per cui un sistema oscillante A (nel suo caso una pendola) cambiava il suo periodo di oscillazione naturale e si sincronizzava con un altro sistema B (un’altra pendola dall’ altra parte della parete) che aveva una periodicità lievemente diversa. Fenomeni di risonanza sono lo emergere di ritmi nei battimani a teatro o in ambito biologico i ritmi circadiani che si mettono in fase con il sole quando invece di per se sarebbero un pochino più lenti (come dimostrato da esperimenti eseguiti su persone che rimangono in grotta per settimane).

Tornando a noi, indipendentemente dal meccanismo, la cosa importante de paradigma delle transizioni di fase applicato alla biologia è che permette finalmente di comprendere fenomeni come il differenziamento : solo pochi stati differenziativi possibili nel caso delle cellule staminali corrispondenti a fenotipi discreti (esiste una letteratura sterminata in merito qui si consigliano:

Transcriptome-wide noise controls lineage choice in mammalian progenitor cells

Cell Fates as High-Dimensional Attractor States of a Complex Gene Regulatory Network

Cell Fate Decision as High-Dimensional Critical State Transition

Da un punto di vista applicativo questo mutato sguardo consente di superare ‘il binario morto’ in cui si è infilata la ricerca sul cancro con il paradigma iper-darwinista della ‘cellula impazzita’ che vince la ‘competizione darwiniana’ con le cellule normali. Una messe enorme di evidenze stridono con questo paradigma (tra le altre la scarsa vitalità delle singole cellule cancerose, l’assenza di mutazioni specifiche del cancro, l’eterogeneità dei tumori, la presenza di molti cancerogeni non genotossici..), laddove il crescente riconoscimento del ruolo del microambiente e il carattere di ‘tessuto’ (e quindi di popolazione e non di singola cellula) del tumore sono del tutto coerenti con un approccio di tipo TRE…(leggere per farsi un’idea: Cancer attractors: A systems view of tumors from a gene network dynamics and developmental perspective.

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